400° ANNIVERSARIO 1622-2022

FONDAZIONE SCUOLE PIE A SAVONA


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         1622/ 2022  -  400° ANNIVERSARIO  

        FONDAZIONE  SCUOLE PIE  A  SAVONA

 

1° LECTIO MAGISTRALIS (23 aprile 2022) del Prof. ALDO MARIA PERO    

“Insegnare ai fanciulli a leggere, scrivere e far di conto, senza differenza di censo:la scuola popolare del Calasanzio“:  

 


2° LECTIO MAGISTRALIS (11 maggio 2022) del Prof. SILVIO RIOLFO MARENGO

“Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi torna agli Scolopi dopo sessant’anni”

 


3° LECTIO MAGISTRALIS (28 MAGGIO 2022) del Sig. SERGIO PENNONE – Presidente Onorario Ass.ne Amici degli Scolopi

“L’Ospedale di Riserva a Monturbano nella prima guerra mondiale. Aneddoti vari sulla vita scolastica del ‘700”


4° LECTIO MAGISTRALIS (4 giugno 2022) del Rev. Padre CELESTINO SPRINGHETTI dei Padri Scolopi

“La diffusione degli Scolopi in Liguria”

 

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5° LECTIO MAGISTRALIS (24 settembre 2022) della Prof.ssa MAURA FORTUNATI 

“Paolo Boselli : dalle Scuole Pie alla Presidenza del Consiglio, agli anni della 1° guerra mondiale”

 

 

 

MAURA FORTUNATI 

Paolo Boselli: dalle Scuole Pie alla Presidenza del Consiglio 

Gli anni Trenta dell’Ottocento vedono la nascita a Savona di alcuni personaggi destinati a segnare non solo la storia locale ma anche a ricoprire un ruolo, più o meno, significativo nella storia italiana. Giuseppe Saredo (1832), Vittorio Poggi (1933), Jacopo Virgilio (1834), (chiavarese ma studia a Savona), Anton Giulio Barrili (1836), Pietro Sbarbaro e Paolo Boselli (1838). 

Tutti studiano presso i padri Scolopi “quei frati liberali nelle cui scuole si insegnava ad amare la patria e la libertà” come ebbe a raccontare Vittorio Poggi”, alcuni sono amici e lo rimarranno. Anton Giulio Barile li definisce, riprendendo un neologismo di Francesco Redi, Capribarbicornipede (fauni) famiglia savonese. 

Terminati gli studi le loro strade si sarebbero separate, anche se per molti il futuro avrebbe previsto gli studi in legge ed una carriera didattica e politica: così per Giuseppe Saredo che nel 1848, dopo aver gettato alle ortiche la tonaca indossata l’anno prima per compiacere la madre, fuggito di casa, si diede al giornalismo e poi all’insegnamento e alla politica, per Anton Giulio Barile e Vittorio Poggi, entrambi laureati in giurisprudenza, pur non avendo mai esercitato la professione, così per Paolo Boselli, destinato ad una lunghissima carriera politica. 

Boselli nasce nel 1838, in un clima familiare che potremmo definire liberale; il padre, il cavaliere Paolo Giacinto Boselli, notaio, nel 1821 si era unito ai patrioti liguri che lavoravano per l’indipendenza italiana; aveva aiutato Santorre Santarosa che nell’aprile di quell’anno era arrivato a Savona e per questo era stato costretto per qualche tempo all’esilio in Francia. 

Come il padre e il fratello (e successivamente il figlio Silvio) e molti altri giovani della buona società savonese anche il giovane Boselli inizia a studiare presso le scuole Pie, di cui varca la soglia nel novembre del 1845. Siamo in anni di grande fermento: le ideologie risorgimentali attraversano la penisola ma anche il mondo degli Scolopi savonesi è attraversato da una ventata di novità, in particolare per la presenza di padre Giovani Solari, che fu rettore fra il 1843 ed il 1850 e dette un’impronta particolare al collegio savonese. 

Inizia così per Boselli una carriera scolastica basata sui nuovi principi pedagogici di Solari liberali e progressisti , ma soprattutto un legame destinato a perpetuarsi negli anni, fino alla morte, attestato dalla corrispondenza che, con mano che, con il trascorrere del tempo, si fa sempre più incerta e tremante, Boselli intrattiene con i Rettori del collegio delle Scuole Pie: Giuseppe Mallarini, che fu rettore per quasi 40 anni, Leoncini, Nicolò Cigliuti, e per finire, nei primi decenni del Novecento con Domenico Sartore. 

Il giovane Boselli è uno studente meritevole e capace ed inizia a collezionare una lunga serie di premi (grammatica inferiore nel 1848, vincitore del primo premio di seconda Classe di grammatica nel 1849, premiato della terza classe di Grammatica per superiorità d’ingegno nel 1851, nella prima classe di retorica nel 1852), nel 1853, a 15 anni, diviene principe dell’Accademia della seconda classe di retorica. 

Si trattava in sostanza degli anni scolastici che seguivano l’istruzione primaria e che a partire dal 1859, con la riforma Casati avrebbero costituito i cinque anni del corso ginnasiale (seguiti a loro volta dal biennio di filosofia trasformato in corso liceale). 

Il programma di studi per la prima e seconda classe di retorica prevedeva oltre all’istruzione religiosa, lezioni su autori classici, traduzioni e commenti di autori latini, componimenti in prosa e versi in latino ed italiano, storia, geografia, storia della letteratura ed aritmetica. 

Già a partire dal ‘700 si era consolidato l’uso delle Accademie, che sospese in epoca francese, erano riprese nel 1820; si trattava in sostanza di saggi pubblici che rappresentavano il frutto di tutta l’attività svolta da alunni e insegnanti durante l’anno, saggi con cui perciò gli allievi davano dimostrazione del loro profitto e della loro preparazione. Fra gli alunni che avevano frequentato l’ultimo anno veniva nominato principe dell’accademia colui che avesse svolto il saggio migliore. La proclamazione avveniva durante la festa di fine anno scolastico e del principe veniva eseguito un ritratto ad olio, destinato ad essere esposto nei corridoi delle scuole, come stimolo di emulazione per altri giovani. 

I saggi toccavano argomenti letterari, ma anche storici e politici. Il programma del saggio del 1853 era riservato a “Teodorico in Italia” e Boselli divenne Principe con l’ode, da lui composta e recitata, Amalasunta. Nella stessa occasione Boselli aveva però composto anche versi dedicati a “La caduta dell’impero d’ Occidente”, il sonetto “Cassiodoro” recitato dal convittore Conte Giuseppe Radicati di Passerano, ottave su “Teodorico” e su “Il Re Manfredo di Svevia”. 

Superati con successo i due esperimenti scientifici e quello letterario previsti dal Regolamento del 1° febbraio 1852 per essere aggregati ai corsi universitari, Boselli si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Torino. 

Perché a Torino e non a Genova dove pure esisteva una facoltà di Giurisprudenza? Torino è comunque la capitale del Regno di Sardegna, la sua università è prestigiosa; l’Università di Genova, per contro, a partire dagli anni della Restaurazione, aveva perso sempre più importanza: dipendeva economicamente dal governo di Torino che non era certo disposto a largheggiare nei suoi confronti, per qualche tempo era stata addirittura chiusa d’autorità e occupata militarmente ed aveva perso il diritto di conferire il titolo dottorale: un lento declino che la porterà nel 1862 ad essere inserita negli Atenei di seconda categoria ed a temere la soppressione. Era quindi naturale scegliere Torino per il suo valore accademico. Ma forse c’è anche una diversa ragione, naturale per un giovane: a Torino, come scrive lo stesso Boselli a padre Mallarini nel novembre del 1855, esprimendo la propria soddisfazione per la scelta fatta, “c’è vita, varietà, abbonante facilità di studi e, per chi li cercasse, di passatempi”, una città allettante, quindi, pur se ricca di tentazioni per un giovane studente. 

Contento di avere scelto la città, quindi, piuttosto che l’Università, anche se a Torino nella facoltà di Giurisprudenza Boselli avrà come maestri alcuni dei nomi più famosi del panorama giuridico e politico dell’epoca, primo fra tutti qual Pasquale Stanislao Mancini che sarà tra i più importanti artefici dei primi codici del Regno d’Italia, e poi Emanuele Garelli, le cui lezioni di diritto amministrativo saranno “raccolte e compendiate dallo studente paolo Boselli”, Matteo Pescatore, l’economista Antonio Scialoja, Luigi Amedeo Melegari per il diritto pubblico. 

Sarà forse anche per l’intervento dei padri Scolopi che nel 1859, in prossimità della fine dei suoi studi, riuscirà ad ottenere da Pio IX la licenza per la lettura di libri proibiti di diritto civile, criminale, canonico, naturale e delle genti, e di altre diverse discipline, utili alla sua preparazione e per tranquillità della sua coscienza. 

Dopo la laurea, il giovane avvocato tornò a Savona, chiamato a collaborare presso lo studio del concittadino senatore Giacomo Astengo anche se abbandonerà ben presto la professione per dedicarsi totalmente alla carriera politica da cui non si allontanerà più. 

Come è noto dei 94 anni della sua vita ben sessantadue furono dedicati all’attività politica. 

Furono anni molto intensi. Chiamato nel 1870 a Roma, a coprire la prima cattedra di Scienza delle finanze istituita in Italia rinuncerà ben presto all’insegnamento per dedicarsi completamente all’attività politica come deputato, senatore e ministro. 

Già all’indomani della laurea egli aveva ottenuto, attraverso pubblico concorso, un seggio in qualità di auditore presso il Consiglio di Stato. 

Ebbe così modo di conoscere Francesco Cordova, allora Ministro dell'Agricoltura, che lo nominò segretario generale della Commissione italiana all'Esposizione Universale di Parigi del 1867. 

Inizia qui la sua partecipazione alla vita politica che in diversa veste lo vedrà impegnato sulle molte problematiche che lo Stato italiano, appena sorto, si trovava ad affrontare, intervenendo soprattutto su tanti diversi problemi: lo sviluppo economico ed industriale, i temi finanziari, la questione sociale, (pensiamo all’inchiesta agraria della metà degli anni Settanta del XIX secolo e ai suoi interventi in merito al lavoro dei fanciulli nel Consiglio comunale di Torino); fermamente “convinto che il futuro dell’Italia sarebbe stato sul mare”, si occupò dello sviluppo della marina mercantile e dell’industria cantieristica, sia come relatore dell’inchiesta sulla Marina mercantile nel 1882, sia in campo internazionale, intervenendo nella conclusione di trattati di commercio e rappresentando l’Italia ad importanti congressi internazionali, quale quello di diritto commerciale e marittimo che ebbe luogo ad Anversa nel 1885. 

Esponente della destra moderata, avvicinatosi a Crispi, di cui condivideva la politica nazionalista ed il protezionismo economico, Boselli divenne nel 1888 Ministro della Pubblica Istruzione, nel 1893 Ministro di Agricoltura, Commercio e Industrie e nel 1894 Ministro delle Finanze. Ritornò al governo, come Ministro del Tesoro, nel 1899. 

Negli stessi anni iniziò una lunga attività di oratore, di celebratore di glorie risorgimentali e di promotore della cultura giuridica italiana divenendo nel 1907 e fino alla morte presidente della Società Nazionale "Dante Alighieri" che era stata fondata nel 1889 grazie ad un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci, finendo però spesso per assumere atteggiamenti eccessivamente nazionalistici. 

I molti impegni non gli faranno tuttavia tagliare radicalmente i rapporti con gli insegnanti e l’istituzione che lo avevano accompagnato nella sua adolescenza, educandogli come egli stesso scrive, “la mente e il sentimento”. Nella corrispondenza rimasta, accanto a lettere ufficiali e di maniera, ve ne sono altre che testimoniano un grande attaccamento ed affetto. Vi ritroviamo l’uomo comune, fiero del proprio bambino, che descrive di una robustezza incantevole, figlio affettuoso che chiede una benedizione per il proprio padre. 

Così come non trascura di seguire, con attenzione, le vicende che accompagnano la casa savonese dei padri scolopi. 

Le sorti del collegio non lascino indifferente il ministro, così come spesso i padri Scolopi si rivolgono a lui, per consigli od aiuto. Non è agevole ricostruire con precisione alcune vicende sulla base della documentazione che mi è stata gentilmente concessa in consultazione dai Padri Scolopi, tramite il dott. Pennone, che ringrazio. 

Talvolta si può solo ipotizzare il contenuto degli scambi epistolari, ma Boselli sembra comunque essere un interlocutore sempre attento e presente; così, ad esempio, in occasione del trasferimento della sede a Monturbano. Nel 1905, il comune ed i Padri Scolopi avevano stipulato la convenzione per il trasferimento delle Scuole Pie a Monturbano. Il progetto di convenzione risaliva in realtà al 1902, ai tempi della presidenza di Giuseppe Astengo, e per la sua realizzazione i Padri avevano ricevuto l’aiuto e consiglio del loro ex alunno Giuseppe Saredo, allora presidente del Consiglio di stato: ma il testo definitivo venne approvato solo, come detto nel 1905 dopo una nuova discussione in Consiglio. In base alla convenzione il comune concedeva agli Scolopi l’uso degli edifici di Monturbano e del terreno circostante per un periodo di 30 anni, conservandone la proprietà. I padri si impegnavano ad operare dei lavori di ampliamento, con la costruzione di due nuovi edifici, mentre il comune avrebbe loro versato una somma annua di 16.000 lire come compenso per il mantenimento del convitto, del ginnasio pareggiato e delle scuole elementari. Era una convenzione con cui si risolveva il problema della sistemazione delle scuole Pie in luogo consono e quello dell’istruzione pubblica cittadina, lasciando agli Scolopi anche l’istruzione elementare – scelta messa in discussione negli anni precedenti - dissipando così alcuni dei dubbi espressi in proposito da Boselli “Le scuole degli Scolopi furono sempre popolari, onde dal popolo sorsero le maggiori energie. Trasferisca la scuola a Monturbano e diventeranno signorili. Il carattere delle scuole pie – popolare cittadinescamente savonese - è perduto. Sarà il Reale collegio, non più la scuola unita coll’anima savonese”. I lavori terminarono nel 1907 e il collegio di Monturbano fu solennemente inaugurato, senza rompere – per citare sempre Boselli – “le tradizioni e le relazioni tra il Municipio e le Scuole Pie” ma fornendo “per un notabile spazio di tempo alla gioventù nostra quell’istruzione alla quale con noi tante generazioni attinsero...” 

In un’altra occasione, forse interpellato in merito all’applicazione della legge 4 giugno 1911, n. 487 e del successivo Regio Decreto del gennaio 1915 che ponevano gli istituti di istruzione sotto il controllo dell’amministrazione scolastica provinciale, prometteva a Domenico Sartore, allora Rettore del Collegio di Carcare, il proprio attivo interessamento in merito all’autonomia di cui il Calasanzio sarebbe stato privato “Il Calasanzio insegnava senza diploma e senza regolamenti, senza Provveditori e senza Consigli”. Ma dalle sue parole traspare la poca speranza di riuscire nell’impresa; è critico nei confronti del Parlamento e lo sarà ancor più in una lettera di poco successiva in cui invita i padri Scolopi a presentare le proprie rimostranze in via ufficiale, rivolgendosi direttamente al Ministero perché “a me ripeterebbero l’istessa risposta”; la Minerva, come egli definisce la sede parlamentare, non sente ragioni, il Grippo (allora ministro della Pubblica istruzione) “per sé non sarebbe così ma non vuole resistere” ed io “conosco gli andamenti che prevalgono rispetto alle autonomie”. 

La guerra era però già alle porte. In qualità di decano della Camera, il 20 maggio 1915, Boselli lesse la relazione che autorizzava i pieni poteri all'esecutivo in caso di guerra. Caduto Salandra, durante la grave crisi politica e militare del 1916, Boselli, ormai settantottenne, fu indicato come l'unica figura in grado di guidare un governo di coalizione nazionale che potesse essere accettato da una larga maggioranza. 

Nasceva così quel ministero di unità nazionale, frutto della grave crisi politica e militare di quell’anno e ritenuto l’unica soluzione possibile adottabile in quel momento; un governo di tregua politica, nel quale fossero rappresentati tutti gruppi che avevano voluto l'intervento e quelli che comunque lo avevano accettato. Boselli aveva tutte le caratteristiche necessarie per guidare un governo di questo tipo: era dichiaratamente estraneo alle divisioni politiche e quindi in grado di rappresentare gli ideali della guerra senza dare ad essi alcuna particolare coloritura; godeva della fiducia di tutti i gruppi; aveva una sicura lealtà costituzionale ed una personalità più capace di mediare che di imporre. 

Era un governo votato ad un triste destino, come è noto. Nell’agosto del 1917 la relativa pace iniziale aveva ormai lasciato il posto a critiche sempre più serrate e ad una crescente tensione nei rapporti fra il primo ministro e Cadorna. In Italia aveva iniziato ad incrinarsi la compattezza del fronte interventista, Boselli veniva accusato di debolezza, di eccessive oscillazioni, di incapacità di assumere decisioni impopolari ed energiche e di eccessiva condiscendenza nei confronti della politica militare del generale Cadorna, che a sua volta lo accusava di tollerare la propaganda sovversiva nel paese e, di conseguenza, il diffondersi di atti di indisciplina al fronte. Dopo varie vicende, al termine di una animata discussione parlamentare, il 25 ottobre, in coincidenza con lo sfondamento austriaco a Caporetto il Ministero venne – come titolava La Stampa –battuto con 314 voti contrari e 96 favorevoli. 

Furono mesi particolarmente tormentati per Boselli; il 12 gennaio 1918 fu costituita la Commissione d'Inchiesta per indagare sulle cause e le eventuali responsabilità negli avvenimenti che avevano portato al ripiegamento dell'Esercito Italiano dall'Isonzo al Piave. È significativo che egli senta la necessità di, per così dire, giustificare il proprio operato, inviando il 1° ottobre del 1919 a padre Sartore, allora rettore del Collegio delle Scuole pie di Savona, il discorso fatto alle Camere nel mese precedente durante la discussione sulla relazione della Commissione “perché quelle parole concernendo l’opera mia in un momento molto arduo, vengano alla sede d’onde io mossi i primi passi”. 

L'amarezza per il disordine politico e sociale del dopoguerra spinse Boselli sempre più a destra, fino ad appoggiare nel 1922 l'ascesa del Fascismo Progressivamente comunque diradò gli interventi parlamentari e spostò sempre più i propri interessi a Torino (si deve a lui, tra l’altro, la relazione sul disegno di legge che portò alla nascita del Politecnico). 

Nel 1929 compì l'ultimo atto politico di un certo rilievo nella sua lunga carriera redigendo la relazione della Commissione del Senato incaricata di esaminare il testo dei Patti Lateranensi. 

Morì a Roma il 10 marzo 1932, ma anche negli ultimi anni della sua vita mantenne intatti e forti i rapporti con i suoi antichi educatori che, ovviamente, non si dimenticarono di lui: a dimostrarcelo sono le numerose onorificenze e cerimonie per lui organizzate e cui Boselli tenta spesso di sottrarsi, i ripetuti inviti ai convegni degli ex allievi e una corrispondenza che continua, soprattutto con padre Sartore, rettore del collegio: sarà proprio Boselli a comunicargli in data 27 dicembre 1931 il conferimento della nomina ad ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; solo 4 mesi più tardi spetterà a Sartore dedicare all’allievo una speciale commemorazione nel funerale di trigesima tenutosi presso il Reale Collegio delle scuole Pie in Savona l’11 aprile 1932 a conferma di un legame duraturo e di reciproco rispetto. 

 

 

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6° LECTIO MAGISTRALIS (1° ottobre 2022) del Prof. GIUSEPPE MILAZZO

“Gli Scolopi savonesi nel risorgimento, Lorenzo Isnardi, Giuseppe Manara, Atanasio Canata, Giovanni Solari e Francesco Pizzorno: l’esaltazione dei valori patriottici nelle lezioni tenute nel collegio di Via Riario, a Savona, da parte dei Padri Scolopi, seguaci delle idee di Vincenzo Gioberti.”

 

Gli Scolopi Savonesi nel Risorgimento

di Giuseppe Milazzo

L’importanza dell’opera compiuta dai Padri Scolopi nell’ambito dell’educazione e dell’istruzione di innumerevoli generazioni di giovani Savonesi è nota e riconosciuta. In un’epoca in cui, nel nostro Paese, non esisteva ancora il diritto allo studio, l’Ordine dei Padri Calasanziani, nel corso dei tre secoli e mezzo durante i quali essi furono presenti nella nostra città, si fece promotore di un servizio di innegabile valore, operando secondo i dettami della fede, ma, al tempo stesso, riuscendo a fornire la necessaria istruzione a tantissimi bambini e adolescenti che, altrimenti, sarebbero stati privi, per tutta l’esistenza, delle più elementari conoscenze nel saper leggere, scrivere e far di conto.

Non è, invece, altrettanto conosciuto il ruolo importantissimo e di grande valore che i Padri Scolopi ebbero nell’Ottocento nella formazione di una coscienza nazionale e patriottica nelle giovani generazioni di studenti che frequentarono il Collegio di via Pietro Giuria. In questo breve saggio cercheremo brevemente di ricordare alcune figure di educatori ed insegnanti che si misero maggiormente in luce in quel periodo storico o che si distinsero in particolar modo come fautori dell’unità d’Italia, pagando anche, individualmente, per le posizioni assunte e per quanto da essi compiuto.

Il Collegio delle Scuole Pie di Savona

L’inizio della presenza dei Padri Scolopi a Savona risale al 1622. La circostanza che determinò il loro arrivo nella nostra città è presto detta: nel giugno di quell’anno, un sacerdote savonese, Monsignor Alessandro Abbati, preoccupato per le condizioni di grave mancanza d’istruzione in cui vivevano tantissimi fanciulli della città, presentò una supplica al Consiglio degli Anziani chiedendo che tutti i bambini e i giovani savonesi, «senza distinzione sociale e religiosa», potessero imparare a leggere, a scrivere e a contare, studiando anche la grammatica, l’umanità e la retorica. Nella sua supplica, Monsignor Alessandro Abbati suggerì agli Anziani di Savona che i preziosi compiti di insegnamento fossero affidati ad un gruppo di validi ed apprezzati maestri: i Padri delle Scuole Pie, che, proprio un anno prima, avevano aperto un istituto nella vicina località di Carcare. L'ordine religioso dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie – universalmente conosciuti con il nome di Padri Scolopi – era stato istituito da San Giuseppe Calasanzio (Peralta del Sal, settembre 1557 – Roma, 25 agosto 1648), un religioso che nel 1597 aveva aperto a Roma la prima scuola popolare gratuita d’Europa. Monsignor Alessandro Abbati si era recato in precedenza a Roma e aveva avuto modo di apprezzare l’opera scolastica da essi condotta e, in virtù di tale esperienza, si era convinto che essi potessero espletare nel modo migliore un analogo compito anche a Savona. Dopo brevi consultazioni, convenendo sulle necessità espresse dall’Abbati, il Consiglio degli Anziani di Savona, riunitosi il 20 giugno, diede finalmente la sua approvazione a tale richiesta. Nacque così la prima scuola cittadina gratuita destinata a tutti i fanciulli, senza distinzione di classe sociale.

A Savona i Padri Scolopi iniziarono ad esercitare la loro opera il 1° novembre 1622, insediandosi all’inizio nello stesso palazzo dell’Abbati, posto nella contrada di Scarzeria. Nel volgere di breve tempo, riuscirono a costituire otto classi, frequentate da un numero complessivo di oltre trecento scolari.

Dopo la morte di Monsignor Abbati, avvenuta nel 1626, i Padri Scolopi chiesero al Consiglio della città che venisse loro concesso un sussidio economico, al fine di poter acquistare un palazzo posseduto dal nobile Filiberto Pavese. La loro richiesta fu immediatamente accolta e, nel giugno del 1628, entrati in possesso di quell’edificio, ubicato nella contrada della Chiappinata, vi promossero una serie di lavori di trasformazione: in quel luogo nacque così una chiesa – che, intitolata a San Filippo Neri, fu aperta al culto il 23 dicembre 1629 – e, nel mese di gennaio del 1630, vide finalmente la luce il primo Collegio degli Scolopi di Savona.

Il patrimonio dei religiosi andò ben presto arricchendosi: tra gli altri, essi poterono godere dei beni lasciati loro dalla signora Maria Missoni, di origine fiamminga, vedova del nobile savonese Nicolò Bardolla, defunta il 25 gennaio 1643.

Il 7 luglio 1648 il palazzo che ospitava le scuole dei Padri Scolopi e la vicina chiesa andarono distrutti a seguito dell’esplosione della polveriera della fortezza di San Giorgio, che fu colpita da un fulmine durante un temporale. Fu, quella, un’autentica catastrofe per la città, che – va doverosamente ricordato – causò la morte di circa 850 persone e di un numero altissimo di feriti, oltre la distruzione, parziale o totale di numerosi edifici cittadini. Senza perdersi d’animo, poco tempo dopo, i Padri commissionarono i lavori per la ricostruzione della chiesa e del Collegio degli Scolopi; essi ebbero inizio nel 1650 e terminarono nel 1663. La nuova chiesa di San Filippo Neri ed il nuovo edificio scolastico dei Padri Scolopi furono ricostruiti in quella che avrebbe in seguito assunto il nome di via Riario, una traversa al fondo di via Pietro Giuria, nei pressi della Passeggiata del Castello.

Alla fine del secolo XVII le Scuole Pie subirono un’importantissima trasformazione, con l’istituzione del Collegio di San Filippo Neri, destinato a divenire ben presto famoso, venendo frequentato da allievi provenienti da tutta la Liguria, dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Veneto, dal ducato di Parma, dalle Puglie, dalla Sicilia, dalla Spagna e dal Portogallo. Continuando a mantenere l’indirizzo gratuito voluto dal Calasanzio, gli allievi del Collegio appartenevano a vari strati sociali; erano comunque numerosi gli allievi appartenenti alla nobiltà e all’alta borghesia, destinati un giorno a far parte delle nuove classi dirigenti cittadine.

Nei primi decenni del Settecento ebbe inizio una consuetudine che, in breve, con il trascorrere degli anni, si sarebbe andata consolidando, mantenendosi intatta nella sua importanza per ben due secoli: al termine di ogni anno scolastico, infatti, veniva organizzata un’Accademia ossia un saggio di fine anno, avente la funzione, a tutti gli effetti, di un esame pubblico. Ad essa potevano partecipare gli alunni più meritevoli di tutte le classi, presentando saggi di varia natura. Lo studente che, secondo il giudizio dei Padri Scolopi, veniva giudicato avesse svolto il saggio migliore veniva così proclamato “Principe dell’Accademia”: un pittore ne realizzava quindi un ritratto ad olio, destinato ad esser conservato nei corridoi del Collegio.

Conclusasi la storia secolare della Repubblica aristocratica ligure ed insediatosi il nuovo regime democratico, con una decisione del 9 febbraio 1799, i beni degli Scolopi furono assegnati al nuovo ordinamento repubblicano, che avrebbe avuto il compito di occuparsi della pubblica istruzione; essi, fu stabilito, sarebbero stati direttamente amministrati dalla Municipalità savonese.

Nel 1805, con l’annessione della Liguria alla Francia, Savona divenne capoluogo del dipartimento di Montenotte. Cinque anni dopo, con un decreto del 25 ottobre 1810, il Collegio degli Scolopi fu soppresso e tutti i suoi beni furono affidati all’Università imperiale. L’anno dopo fu istituito il Collegio Comunale, dipendente dall’Università di Genova, cui furono destinati come insegnanti gli ex religiosi delle Scuole Pie.

Conclusasi l’avventura napoleonica, il 4 maggio del 1814 i Padri Calasanziani furono reintegrati nei loro beni con un decreto del Maire Multedo che, contemporaneamente, proclamò la cessazione delle attività del Collegio Comunale. Il Collegio degli Scolopi poté così riprendere la sua originaria attività.

Il 23 luglio 1822 Re Carlo Felice istituì le scuole elementari con il titolo di Scuole Comunali in tutte le città e Comuni del Regno di Sardegna; due anni dopo, su incarico del Municipio di Savona, i Padri Scolopi avviarono in città la prima Scuola Comunale.

Nel 1830 i Padri Scolopi istituirono una scuola ad indirizzo commerciale, destinata a quanti, non volendo continuare il ginnasio, avessero desiderato ampliare ed approfondire le loro conoscenze per avviarsi alle attività industriali e commerciali.

Il 29 dicembre 1832 il Re di Sardegna Carlo Alberto concesse all’Istituto dei Padri Scolopi il permesso di fregiarsi del titolo di Reale Collegio delle Scuole Pie di Savona, potendo così affiggere lo stemma sabaudo sul portone del palazzo.

Nel 1849, ancora, fu istituita una nuova scuola serale per adulti.

Nel 1859 le cinque classi della scuola primaria mutarono nome, divenendo scuole elementari; le tre classi della scuola di grammatica, le due classi della scuola di retorica ed il biennio di filosofia vennero sostituite dal corso ginnasiale formato da cinque classi e dalle due classi del corso liceale: un corso, quest’ultimo, che durò soltanto un anno, essendo stato istituito il Regio Liceo Chiabrera, a Savona, nel 1860, con sede nel trecentesco palazzo dei Governatori di piazza delle Erbe. Dopo l’entrata in vigore delle disposizioni di legge del 7 luglio 1866 – che destinavano ai Comuni i beni dei religiosi dediti all’insegnamento, gli Scolopi – grazie al buon intervento del Sindaco di Savona, i religiosi dovettero limitare la loro attività alle scuole elementari ed al corso ginnasiale (che fu pareggiato ai Regi con decreto del 29 marzo 1862).

Nel 1905 i Padri Scolopi ed il Comune firmarono una convenzione con la quale venne stabilito il trasferimento del Collegio sul colle di Monturbano, nella cinquecentesca villa Corsi, che i Padri avevano acquistato da quella famiglia appartenente alla nobilità savonese nel 1745 e che, da allora, era divenuta sede del convitto estivo. L’amministrazione aveva infatti necessità di demolire una parte dell’edificio occupato dal convitto e dal ginnasio in via Riario al fine di procedere al prolungamento di via Pietro Giuria sino alla calata portuale. Poiché la sola villa Corsi non poteva essere sufficiente ad ospitare gli studenti delle Scuole Pie, in quello stesso 1905 furono avviati i lavori per l’erezione di altri due grandi edifici, posti ai lati della villa Corsi. La direzione dei lavori fu affidata ai costruttori Tomaso Minuto, Augusto Oxilia e Angelo Epitara. Il nuovo Collegio di Monturbano con l’annesso semiconvitto fu solennemente inaugurato il 28 novembre 1907 sull’omonima collina che domina tutta la città.

Il 7 febbraio 1926 fu solennemente inaugurato il nuovo teatro di Monturbano, impreziosito dalla presenza di un bellissimo affresco presente sulla volta della sala, opera di Severino Bellotti e dei pittori Locatelli e Marchetti dell’Accademia Carrara di Bergamo.

Nel 1937 il ginnasio fu parificato e nel 1938 fu inaugurata la nuova palestra.

Nel 1971 il Collegio degli Scolopi cessò la sua attività: a settembre di quell’anno i Padri riconsegnarono gli edifici al Comune di Savona e lasciarono definitivamente la città, trasferendo nel Collegio Calasanziano di Cornigliano tutti i documenti relativi alla loro permanenza, durata tre secoli e mezzo, nella città della Torretta.[1]

L’età risorgimentale

L’opera condotta dai Padri Scolopi al fine di fornire la necessaria istruzione alle giovani generazioni di Savonesi, come si è detto, fu di altissimo livello. Insieme ai Padri della Missione, i Padri Scolopi detenevano a Savona il monopolio dell’istruzione scolastica, sia primaria che secondaria. Grazie all’indirizzo gratuito voluto dal Padre fondatore dell’Ordine, anche i bambini dei ceti sociali meno abbienti avevano la possibilità di accedere almeno al primo livello di studi e di poter quindi acquisire la capacità di leggere, scrivere e far di conto. Insieme ad essi, contemporaneamente, compivano l’intero percorso di apprendimento, perfezionandosi nello studio delle varie discipline, i giovani appartenenti alle famiglie nobili e altoborghesi, potendo quindi mettere in luce le loro doti e le loro qualità intellettuali. Promotori di un liberalismo cristiano, per i Padri Scolopi l’istruzione scolastica non poteva esser destinata soltanto ad una limitata parte della popolazione, ma doveva coinvolgere appieno tutte le fasce sociali; a compimento di un simile percorso, alla fine, attraverso una naturale selezione, si sarebbe giunti alla formazione degli elementi migliori, cui sarebbe stato successivamente affidato il compito di guidare la società civile. L’Istituto scolastico di via Pietro Giuria divenne così, nel corso dei decenni, un importantissimo centro d’istruzione, dove si formarono i futuri dirigenti della Savona di quei tempi. Vale la pena ricordare, a questo proposito, come, tra gli studenti che frequentarono il Collegio degli Scolopi e che furono proclamati Principi dell’Accademia nel corso dell’Ottocento vi furono personaggi come Giacomo Astengo, Anton Giulio Barrili, Paolo Boselli, Luigi Corsi, Pietro Giuria, Leopoldo Marenco, Vittorio Poggi, Giuseppe Saredo, Pietro Sbarbaro; nel 1888, poi, acquisì il titolo onorifico maggiore anche il futuro Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

Il secolo XIX fu, per il Collegio dei Padri Scolopi, un periodo importantissimo. Dopo le difficoltà dell’epoca napoleonica, l’Istituto ottenne il riconoscimento maggiore dal Re di Sardegna, potendo fregiarsi del titolo di “Reale”: veniva quindi sancito a livello ufficiale l’alto valore dell’opera prestata dai Padri Scolopi nei confronti delle giovani generazioni. Attivissimi, aperti alle più diverse esperienze culturali, in quel periodo i religiosi indirizzarono la loro azione anche al fine di favorire la crescita e lo sviluppo della città. Nel 1834, tra l’altro, i Padri Scolopi parteciparono alla costituzione della Società d’incoraggiamento all’industria, all’agricoltura ed al commercio di Savona (in seguito denominata Società Economica) sorta con l’intento di favorire «con lo studio, con l’opera e con le sostanze, il Risorgimento intellettuale ed economico» cittadino, su iniziativa del Vescovo di Savona Agostino Maria De Mari (Genova, 25 ottobre 1794 – Savona, 14 dicembre 1840) che ne fu il primo Presidente.

Ma, va rilevato, i Padri Scolopi non si limitarono a favorire lo sviluppo dell’istruzione e dell’apprendimento dei loro studenti. Nel corso dell’Ottocento, gli allievi del Collegio ebbero infatti la possibilità di crescere in un ambiente all’avanguardia, per quei tempi, nel campo dei principi educativi. Soprattutto, i Padri si preoccuparono di indicare ai loro giovani studenti i valori e gli ideali su cui si sarebbe dovuto incardinare il loro agire nell’età adulta. In tal senso, quindi, essi esercitarono una profonda influenza sulla formazione politica e spirituale dei loro allievi savonesi. Gli ideali di patria, libertà ed indipendenza nazionale, il sogno della realizzazione dell’unità del Paese divennero materia di lezione e furono trattati con grande passione da alcuni dei Padri che insegnarono nel Collegio in quegli anni. Fu per opera di docenti come Padre Giovanni Solari o Padre Francesco Pizzorno se, a Savona, gli spiriti di molti giovani allievi di quel periodo si accostarono agli ideali del patriottismo e acquisirono la coscienza di una identità italiana. I valori che sarebbero stati alla base del futuro agire di molti futuri dirigenti della città si formarono proprio in quel periodo di studio trascorso presso il Collegio degli Scolopi di Savona.

Fu in una simile atmosfera che, nel 1848, fu realizzata la bandiera del Collegio, di colore azzurro e con la croce di Savoia al centro, accompagnata dalla scritta a caratteri d’oro «Alla voce del Re e della Patria anche i giovanetti saranno Eroi». In quello stesso anno, per i convittori, fu adottata una caratteristica divisa, creata tenendo a modello quella del nuovo Corpo dei Bersaglieri, con pantaloni e giacca blu con mostrine celesti, copricapo di tipo militare, cintura di cuoio nero e mantellina di panno blu con colletto di velluto da applicare nella stagione invernale; nei giorni festivi i convittori indossavano invece un copricapo dotato di coccarda, croce e pennacchio azzurro, tenendo alla vita una cintura d’argento ed uno spadino.

Il Collegio poteva vantare la presenza di validissimi insegnanti e alcuni di essi, in quel periodo, più aperti alle idee di libertà e progresso, educarono i loro allievi all’amore per la propria patria e, contemporaneamente, alla fedeltà ai valori della Chiesa cattolica. In tal senso, la personalità di quel tempo che influenzò maggiormente l’azione di questi Padri fu certamente quella di Vincenzo Gioberti (Torino, 5 aprile 1801 – Parigi, 26 ottobre 1852). I principi del cosiddetto Neoguelfismo, elaborati e sviluppati dal sacerdote, filosofo e uomo politico piemontese, furono abbracciati con entusiasmo dai già citati Padre Solari e Padre Pizzorno, ed essi, a loro volta, cercarono di comunicarli con passione ai loro giovani studenti, infiammandone gli animi. Il Neoguelfismo – dottrina politica fondata sulla conciliazione del cattolicesimo con le aspirazioni alla libertà, tra la fedeltà ai sovrani locali e l’aspirazione alla costruzione di uno Stato unitario e indipendente – riuscì d’altronde a far rapidamente breccia in quella parte della borghesia savonese di quegli anni che era maggiormente legata ai valori del mondo cattolico. Gli scritti del sacerdote, filosofo e politico piemontese ebbero grande diffusione nella Savona borghese di allora, una città in cui la presenza della Chiesa si faceva sentire in maniera davvero rilevante. L’opera di Gioberti Del primato morale e civile degli italiani, pubblicata nel 1843, suscitò in città discussioni e dibattiti, raccogliendo consensi e approvazioni. Gioberti era assolutamente convinto che Dio avesse affidato una grande missione all’Italia: gli Italiani, anzi, detenevano un primato rispetto agli altri popoli, essendo il loro Paese erede della civiltà romana e, soprattutto, avendo il Pontefice la propria sede proprio a Roma. Al tempo stesso, egli era intimamente persuaso che la civiltà moderna, per progredire, dovesse porre le proprie basi su solidi fondamenti religiosi e, in particolare, nel cattolicesimo, rinnovato e adeguato alle sfide dei nuovi tempi. Solo il Papa poteva dunque indicare la strada da seguire ai fedeli cattolici, guidandoli nella giusta maniera e distogliendoli dai falsi valori e da ideali distorti. In tale ottica, quindi, solo il Pontefice poteva condurre il popolo italiano all’unificazione nazionale e all’indipendenza, liberando il Paese dalla secolare influenza delle nazioni straniere. Secondo le speranze di Gioberti, il Papa avrebbe dunque dovuto porsi a capo di un moto nazionale, venendo incontro alle legittime aspirazioni dei suoi fedeli, attuando contemporaneamente una serie di opportune riforme, in linea con la modernità. Seguendo il suo esempio, i Sovrani degli altri Stati italiani avrebbero compiuto analoghe azioni, in vista del benessere dei loro popoli. Seguendo questa linea di condotta, inevitabilmente, per Gioberti, si sarebbe finito per dar vita ad uno stato nazionale e confederato, avente il Romano Pontefice quale suo Presidente.

A Savona, dunque, così come nel resto del Paese, il programma politico giobertiano incontrò largo consenso, dando vita ad un vasto movimento di seguaci. Gioberti fu avvertito, da molti, a Savona, come il profeta della nuova Italia. Gli Scolopi cittadini videro in lui, che era stato eletto nella prima legislatura subalpina nel Collegio di Savona, un importantissimo punto di riferimento, ammirando – come disse Pietro Sbarbaro – «il suo titanico ardimento di apostolo e conciliatore della Chiesa con le ragioni della patria schiava da redimere».[2]

Educati ai valori del neoguelfismo, gli studenti del Collegio degli Scolopi crebbero quindi in un’atmosfera particolarissima, in cui le lezioni di Padre Solari e Padre Pizzorno, incentrate sui valori patriottici, facevano scalpore ed eccitavano gli animi al compimento di imprese eroiche e memorabili. Partire come volontari per andare a realizzare il sogno di un’Italia unita, indicarono i due religiosi, era un’opera nobilissima, che si sposava perfettamente con quelli che erano i valori della Chiesa cattolica. L’Italia doveva tornare ad occupare il posto di rilievo che le spettava tra le grandi nazioni, perché così era stato deciso dalla Provvidenza divina che aveva voluto che il seggio pontificio avesse la sua sede proprio a Roma. Per questo, quindi, l’Italia avrebbe dovuto riassumere il ruolo di Paese guida della civiltà mondiale, così come Dio stesso aveva stabilito. Era dunque venuta l’ora tanto attesa del riscatto nazionale, dopo secoli in cui la nazione aveva dovuto sopravvivere in uno stato di divisione e umiliazione. Erano finalmente sorti i due campioni che avrebbero segnato fatalmente il Risorgimento italiano e che avrebbero guidato gli Italiani alla libertà e all’indipendenza: trasfigurati in un’aura messianica, Pio IX e Carlo Alberto, per Solari e Pizzorno, erano i grandi personaggi che la nazione aveva aspettato per secoli; essi avrebbero segnato l’inizio di una nuova epoca, in cui l’Italia avrebbe potuto finalmente trovare la sua redenzione, incamminandosi a passo deciso verso un futuro di gloria e benessere.

Testimoniò, al riguardo, Anton Giulio Barrili parlando del Collegio degli Scolopi di Savona: «là dentro si preparava una gioventù animosa, da bravi frati liberali, all’indomani della sconfitta di Novara, alla vigilia della prova di Crimea»«E fu degno di nota che fin dai primi anni, quando più grave era l’abbattimento degli spiriti, tanto più fosse libero l’insegnamento e desse mosse più audaci. Le Accademie di quel tempo ne fecero testimonianza solenne».[3] E, in effetti, i saggi del 1849 e del 1850 segnarono indubbiamente la storia dell’Istituto Calasanziano di Savona. L’Accademia svolta nel Collegio degli Scolopi nel 1849 fu dedicata ai Martiri dell’Indipendenza Italiana, con particolare attenzione ai moti veneziani; a tal fine furono letti quindici componimenti poetici celebranti, in stile patriottico, i martiri dell’indipendenza; particolare successo ottennero, tra gli altri, quelli di Gaspare Buffa, Cesare Bracale, Francesco De Andreis, Giuseppe Gozo e Giuseppe Varaldo; in particolare, il Principe dell’Accademia Giacinto Marenco dedicò il suo carme al defunto Re Carlo Alberto, Vittorio Poggi declamò lo scritto da lui dedicato a Il profugo italiano mentre il convittore Jacopo Virgilio ricordò il sacrificio di Goffredo Mameli, scomparso da poche settimane. L’anno dopo, l’Accademia degli Scolopi fu espressamente dedicata all’Emigrazione Italiana e, in particolare, a Ferrante Aporti, Carlo Cameroni, Giuseppe Garibaldi, Terenzio Mamiani, Daniele Manin, Pietro Pellegrini, Guglielmo Pepe, Luigi Sanvitale, Pietro Sterbini, Nicolò Tommaseo e Giovanni Torti. Tra le varie opere che furono presentate in quell’occasione, incontrò notevole successo la Preghiera dell’esule di Anton Giulio Barrili e L’esilio di Dante di Giovanni Battista Conio.[4] A causa dei temi trattati, quest’ultima Accademia destò grandi polemiche e commenti, con gravi conseguenze: il Vescovo di Savona, Monsignor Ottaviano Riccardi, fu richiamato per quanto avvenuto e Padre Giovanni Solari, per punizione, fu secolarizzato dopo aver fatto parte dell’Ordine degli Scolopi per oltre quattordici anni. Testimonia, ancora, Anton Giulio Barrili: «Non mancarono, si capisce, le anime pietose, per mandarne i caritatevoli avvisi alla Curia Pontificia. Il Vaticano strepitò; qualche sacrificio fu necessario; i frati chinarono la testa; diventarono più cauti, ma non si persuasero di mutare indirizzo. Lo spirito dell’educazione intellettuale dei giovani fu sempre informato alla bellezza di una celebre invocazione: “Gran Dio, benedite l’Italia!”».[5]

[1] Anna Maria Ferrero, Le Scuole Pie di Savona 1622-1922 in Atti e memorie della Società Savonese di Storia Patria, nuova serie, vol. I, Savona, tipografia Priamàr (1967).

[2] Pietro Sbarbaro, Il promesso sposo in Libera Parola (19 giugno 1892).

[3] Anton Giulio Barrili in Il Dantino, Milano (1921), p. 140.

[4] Saggio letterario dato dagli alunni de Reale Collegio delle Scuole Pie in Savona, anno scolastico 1849, Savona, tipografia Rossi (1849); Saggio letterario dato dagli alunni de Reale Collegio delle Scuole Pie in Savona, anno scolastico 1850, Savona, tipografia Rossi (1850); Filippo Noberasco, Savona nella gloria del Risorgimento italiano, Savona, Tipografia Ricci (1916).

[5] Anton Giulio Barrili in Il Dantino, Milano (1921), p. 140.



“ANNIVERSARIO CELEBRAZIONI CALASANZIANE”

Nel corso degli anni 2022 e 2023

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Nel corso del 2022 si sono svolte importanti manifestazioni per celebrare il 400^Anniversario della Fondazione delle Scuole Pie in Savona e precisamente:
- Incontri propedeutici all’anno Calasanziano 2022- 20023tenutisi da aprile ad ottobre 2022,con la partecipazione di esimi relatori, presso la Sala Convegni della Stella Maris in Savona;
- Convegno Internazionalesulle “Le Scuole Pie a Savona e Finale Ligure dal ‘600 ad oggi”, con la partecipazione di illustri cattedratici e personalità sia civili che religiose, svoltosi venerdì 21 ottobre 2022 presso la Sala Rossa (g.c.) del Comune di Savona;
- Serata conviviale a cura del Circolo Enogastronomico della Rovere presso la Società Operaia N.S. di Misericordia (Balona)in Savona;
- Santa Messa - concelebrata da Monsignor CALOGERO MARINO, Vescovo della Diocesi Savona-Noli e da Rev. Padre PEDRO AGUADO CUESTA Sch.P.- Padre Generale dell’Ordine delle Scuole Pie–ed officiata sabato 22 ottobre 2022 presso l’Oratorio della Confraternita Nostra Signora di Castello in Savona;
- Pubblicazione di una riedizione riveduta del volume “Le Scuole Pie di Savona” della compianta Prof.ssa Anna Maria Ferrero Galatolo;
- Celebrazionedella Festa dello Studente (Anniversario 1°novembre1622 – 1°novembre 2022), alla presenza degli studenti degli Istituti scolastici di Savona e Finale Ligure, dei Presidi e dei Docenti,tenutasi venerdì 25 novembre 2022presso la Sala della Sibilla (g.c.) Complesso del Priamar.
Nel corso del primo semestre 2023 si è svolta un’altra importante manifestazione per ricordare la presenza dei Padri Scolopi in Savona dal 1622 al 1971 e per celebrare anche l’arrivo di San Giuseppe Calasanzio a Savona nell’aprile del 1623.
Sabato17 giugno 2023, presso la Sala dell’Anziania (g.c.) dell’A Campanassa, l’Associazione “A Campanassa” e la “Associazione Amici degli Scolopi”- con una solenne cerimonia- hanno consegnato ai Padri Scolopi del Collegio di Cornigliano una copia conforme all’originale del “Vaso del Cunfògu 2022” donato dall’A Campanassa al Comune di Savona(vaso dedicato alla celebrazione del400^ anniversario della nascita delle Scuole Pie e su di esso sono rappresentati la collina di Monturbano ove sorgeva il Collegio degli Scolopi, il complesso delle Torri del Brandale, lo stemma della “A Campanassa”). L’opera è stata ideata e disegnata dall’Arch. G.B. Venturino mentre la realizzazione del manufatto è della Fornace Ernan-Pacetti di Albissola. Precedentemente il Consiglio Grande della “A Campanassa” aveva autorizzato la riproduzione del vaso originale sopra descritto. Al termine della cerimonia, nell’atrio della Torre del Brandale è seguito un vin d’honneur offerto dalla “Associazione Amici degli Scolopi”. Successivamente il vasoè stato collocatoin una sala del Collegio degli Scolopi in Cornigliano ad imperitura memoria del 400^ anniversario della nascita delle Scuole Pie( Scuola Popolare) e della presenza a Savona dei Padri Scolopi ininterrottamente dal 1622 al 1971.
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Le manifestazioni hanno comportato un impegno organizzativo non indifferente da parte sia dalla “A Campanassa” che dalla “Associazione Amici degli Scolopi”. L’impegno finanziario è stato sostenuto da “A Campanassa”, dalla “Associazione Amici degli Scolopi”, da diversi ex-Allievi degli Scolopi e dal contributo della Fondazione De Mari di Savona.
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Le allegate riprese video delle manifestazioni, i costi della manifattura del vaso, del rinfresco sono stati sostenutiin parte dall’Associazione Amici degli Scolopi e in parte con il contributosignificativodi un componente del Consiglio Direttivo a cui è andato il mio sincero ringraziamento e di tutta l’Associazione Amici degli Scolopi.
Savona settembre 2023
Il presidente dell’Associazione Amici degli Scolopi,Sergio Ravera.
P.S.: tramite il sito dell’Associazione “A Campanassa” (www.acampanassa.it/2022-anno-calasanziano/)è possibile visionare altri momenti salienti delle manifestazioni avvenute nell’Ottobre 2022.

Convegno "Amici Degli  Scolopi"

Presentazione Eventi "Amici degli Scolopi"